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Introduzione
La storia del vecchio Marcaio (probabilmente una deformazione di «Macario»), ambientata tra l'Appennino e la pianura romagnola in un'epoca imprecisata, veniva raccontata oralmente nel dialetto locale; nel 1949 Umberto Console, uno studioso di tradizioni popolari, la traspose in italiano e la pubblicò. Come accade spesso nei racconti popolari, nel testo di Console all'ambientazione contadina si aggiunge un sapore fiabesco.
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Monte Cômero: monte dell'Appennino, nella provincia di Cesena (in Emilia-Romagna).
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bicocca: casa estremamente misera, cadente.
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tiro: scherzo.
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vin santo: qualità di vino passito.
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marenghini: diminutivo di “marenghi”, monete circolanti nell'Ottocento.
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ingollare: ingoiare.
Viveva, sulle pendici del Monte Cômero, in una bicocca mezzo diroccata di un piccolo villaggio circondato da grandi boschi di castagno, un anziano uomo di nome Marcaio. Era rimasto solo, nella più squallida miseria. Non era più in grado di fare il taglialegna e non trovava lavoro. Stentava a campare e spesso, per non chiedere la carità, perché si vergognava, restava digiuno. Una sera, mangiata l’ultima crosta di pane, si mise a pensare e finalmente prese una decisione. L’indomani mattina uscì pian piano di casa e entrò, scavalcando una siepe, nell’orto di una sua vicina. Lì prese, senza farsi scorgere, due lenzuoli di tela di lino, stesi al sole ad asciugare, e li andò a nascondere in mezzo a un mucchio di fieno. Dopo qualche ora la sua vicina disperata e quasi piangente, gli raccontò il furto patito. Marcaio, serio, ascoltò, poi con fare misterioso disse: «Ti hanno rubato due lenzuoli? Ebbene te li farò trovare io; mio nonno era uno stregone. Ma cosa mi darai tu se ti faccio riavere la tua roba?». La donna promise un formaggio e quattro pagnotte. Il finto stregone si fece portare un secchio pieno d’acqua, vi fece cadere alcune gocce d’olio e poi con grande solennità disse: «Sì, vedo che la tua tela è qui vicina a casa… è nascosta in mezzo al fieno. Forse ti hanno fatto un tiro». La donna si precipitò sul mucchio di fieno, vi frugò con ansia e trovò le sue lenzuola. «Bravo Marcaio, grazie!» disse felice. Poi regalò quanto aveva promesso. Il vecchio, soddisfatto, aveva da mangiare per alcuni giorni. La contadina raccontò ai vicini l’accaduto e la notizia si diffuse nei dintorni. Alcuni giorni dopo vennero a chiamare Marcaio perché era scomparso un bel cavallo bianco. Il vecchio si fece portare una bottiglia di vin santo, la scolò, assaporandola, quindi guardò in fondo alla bottiglia mormorando strane parole, poi disse: «Vedo il cavallo legato ad un faggio sul monte, vicino alla fontana Santa». Andarono subito a vedere. Il cavallo era là. Marcaio l’aveva di notte rubato e nascosto. Ebbe doni ed elogi anche questa volta. Dopo tre o quattro stregonerie ben riuscite, una mattina, con suo grande stupore, si vide chiamare da un fattore del vicino paese di Bagno di Romagna. Era venuto a prenderlo con un cavallo. Il suo padrone aveva smarrito, o gli avevano rubato, un anello prezioso. «Sono finito, povero me», pensò Marcaio, ma dovette fare buon viso a cattivo gioco e, sorridente, si presentò al signore. «Hai capito», disse questi, «tu devi a qualunque costo trovarmi l’anello… se non lo farai ti denunzio come impostore e ti faccio arrestare… Ti dò tutto il tempo che vuoi. Se riuscirai, questo sarà tuo». E agitò in aria un sacchetto tintinnante, pieno di marenghini. Marcaio rispose che certamente avrebbe trovato l’anello. Poi si fece rinchiudere in una stanza buia. Intanto pensava a come avrebbe potuto cavarsela. Mentre era tutto assorto e borbottava parole incomprensibili, si accorse che al buco della serratura c’era qualcuno che guardava. Era il garzone del possidente che Marcaio aveva visto impacciato e quasi impaurito per la sua venuta. Schivava lo sguardo e sembrava sulle spine. Ma nella casa tutti lo credevano fidato e onesto. Invece era stato lui il ladro e temeva di essere scoperto dallo stregone. Marcaio ebbe fiuto, ma finse di non aver capito. La sera mangiò e bevve abbondantemente, poi, prima di andare a dormire, disse al padrone che senza fallo, durante la notte, in sogno avrebbe scoperto dov’era l’anello. Prima che spuntasse l’alba il garzone, che era stato insonne, si presentò tremante e stravolto nella camera del vecchio e lacrimando confessò il fallo commesso. A mani giunte pregò lo stregone di non farlo scoprire al suo padrone per non perdere il servizio in quella ricca casa. Marcaio allora gli fece promettere che non avrebbe compiuto più alcuna ribalderia, poi gli disse: «Presto, prendi l’anello, mettilo in una mollica di pane e fallo ingollare al tacchino che ha la macchia nera sulla groppa». Il garzone obbedì lestamente. Più tardi, appena il signore si fu levato, fece chiamare il vecchio e gli domandò: «Ebbene, mago potente, il mio anello dov’è, chi l’ha rubato?». Il finto stregone, tranquillo, rispose: «Il ladro è il tacchino del pollaio di vostra signoria… quello che ha una macchia nera sulla groppa…». Il tacchino fu subito ucciso e l’anello ritrovato. «Bravo, mago, bravo!» e il signore gli consegnò il sacchetto dei marenghini. Poi Marcaio mangiò e bevve a crepapelle. Ma quella fu la sua ultima stregoneria. Dopo alcuni giorni vendette la sua misera catapecchia e se ne andò in un paesello della piana di Romagna, da un suo lontano parente. Laggiù visse i suoi ultimi anni tranquillo e al sicuro da altre simili e pericolose prove.
Umberto Console,
Il finto stregone di Monte Cômero, in M.C. Citroni, Leggende e racconti popolari dell'Emilia-Romagna, Newton Compton Editori, Roma, 2006


Benvenuta/o! Leggi il brano e presta molta attenzione al modo in cui il narratore racconta la storia di Marcaio, un anziano taglialegna che, rimasto senza lavoro, trova uno stratagemma per sopravvivere. Quando sei pronta/o per iniziare l'esercitazione, clicca su "Via!".